Ancora oggi tra i problemi più grandi per chi deve sottoporsi a un intervento chirurgico ci sono i timori relativi all’anestesia generale. La paura più comune è quella di non svegliarsi più a seguito di una “totale”, ma non solo. Fanno paura anche i rischi legati all’anestesia spinale, alla peridurale o alla loco-regionale. Crescono così l’interesse e la necessità di informazione su tutto ciò che riguarda un’anestesia sicura: dal suo effetto sugli anziani, sulla respirazione, ai tempi e le modalità di risveglio. È importante anche avere informazioni sui farmaci usati e sulla gestione degli imprevisti, oltre che sulla lista di tutti gli esami preanestesia. Oggi ci sono novità su tutti questi argomenti. Approfondiamo l’argomento con un esperto.
Anestesia generale e loco-regionale
Esistono due tipi di anestesia: la generale, in cui la persona è completamente priva di coscienza, e la loco-regionale, che addormenta solo una parte del corpo.
«Quella generale prevede un “addormentamento” del cervello e di tutti i muscoli, compresi quelli respiratori, a eccezione del cuore, che continua a battere normalmente»
spiega il dottor Carlo Foroni, specialista in Anestesia e rianimazione all’ospedale Santi Paolo e Carlo di Milano.
«Quella loco-regionale può “addormentare” diverse parti del corpo e può essere di vari tipi, per esempio spinale, peridurale, plessica, locale eccetera» aggiunge l’esperto.
Gli esami preanestesia la rendono più sicura
Le indicazioni internazionali messe a punto dalle società scientifiche stabiliscono che, prima di essere sottoposti a un’anestesia, totale o locale, è necessario eseguire degli esami per valutare l’eventuale presenza di rischi e controindicazioni.
Gli esami la rendono più sicura
«perché i medici possono individuare prima dell’intervento, le persone con qualche rischio e decidere come procedere per il meglio»
spiega il dottor Foroni.
«Per esempio, fino a qualche anno fa nel caso dell’anestesia epidurale per il parto, una delle conseguenze più temute era la formazione di un ematoma a livello del sistema nervoso, che poteva essere causato dall’ago per praticare l’anestesia, con il rischio di paralisi. Oggi, grazie ai test di controllo e agli esami preanestesia, si individuano subito le donne con problemi della coagulazione, si elimina la possibilità di imprevisti e si rende la procedura più sicura»
Come gestire gli imprevisti
Conoscere le procedure può aiutare in caso di paura dell’anestesia. Le linee guida internazionali riportano, infatti, anche i comportamenti da adottare in caso di complicanze durante l’anestesia, rendendo più efficaci gli eventuali interventi necessari. Grazie alla diffusione di macchinari sempre più precisi, oggi qualsiasi tipo di anestesia (generale o periferica) viene costantemente monitorato, controllando alcuni parametri di base della persona sottoposta all’intervento, come:
- pressione,
- funzionalità del cuore,
- saturazione di ossigeno,
- livelli di anidride carbonica nel sangue e nel respiro.
L’anestesista è sempre presente
In caso di totale e locale, che si tratti di spinale o peridurale, in sala operatoria c’è sempre un professionista.
«In questo modo, possiamo tenere sotto controllo le condizioni del malato per tutta la durata dell’intervento, accorgendoci subito se qualcosa non va, e intervenire prontamente per risolvere la situazione in caso di necessità»
spiega il dottor Foroni.
Grazie al controllo continuo, anche le persone con malattie che un tempo avrebbero reso pericolosa l’anestesia, oggi sono al sicuro.
I rischi per i malati cronici
«Oggi è possibile addormentare qualsiasi persona, anche chi ha a che fare con malattie importanti. Grazie, per esempio, alla disponibilità di nuovi anestetici, di antidoti a questi farmaci, di migliori strumenti di monitoraggio e di sistemi di ventilazione più delicati, spesso è possibile risvegliare questi malati in condizioni migliori o uguali a prima dell’intervento. Di fatto, quindi, la pratica anestesiologica è attualmente molto più sicura di un tempo»
precisa il dottor Foroni.
I farmaci
Oggi sono disponibili vari farmaci per l’anestesia generale, che possono essere somministrati sotto forma di gas con sistemi di ventilazione o per via endovenosa.
«Proprio grazie alla possibilità di scelta, spesso si associano diversi anestetici, anziché ricorrere a uno solo. In questo modo, ognuno dei farmaci impiegati viene utilizzato a basso dosaggio, limitandone così il più possibile la tossicità e riducendo al minimo il rischio di effetti collaterali» chiarisce il dottor Foroni. I farmaci utilizzati, inoltre, sono eliminati dall’organismo rapidamente. «Si limita così ulteriormente il rischio di effetti collaterali» aggiunge l’esperto. Oggi è possibile risvegliarsi più in fretta perché si ha a che fare con molecole più maneggevoli di un tempo, che permettono una più rapida reversibilità: in parole semplici, rendono il risveglio dall’anestesia più rapido.
L’antidoto
I principali farmaci che vengono utilizzati per praticare l’anestesia generale e per bloccare tutti i muscoli appartengono alla categoria dei curari.
«Ormai sono disponibili antidoti a questi farmaci, somministrati alle persone sottoposte all’anestesia generale non appena l’intervento è terminato. La respirazione naturale riprende velocemente, limitando al minimo i rischi»
rassicura il dottor Foroni.
La respirazione
Quando si esegue un’anestesia generale per un intervento di lunga durata (come quelli al torace) è necessario ventilare il malato per consentirgli di respirare: l’anestesia, infatti, blocca anche i muscoli respiratori. Ma anche riprendere a respirare normalmente oggi è più facile.
«I presidi ventilatori, cioè le macchine che si utilizzano oggi sono più “delicate” di quelle di un tempo: insufflano aria a una pressione più bassa, senza rischio di danni ai polmoni. Spesso si ricorre all’intubazione (l’inserimento nella trachea di un tubo che porta l’aria tramite il naso o la bocca), utilizzando dei fibroscopi o dei videolaringoscopi, strumenti che permettono all’anestesista di vedere come si sta muovendo e di eseguire l’intubazione senza rischi per l’apparato respiratorio»
spiega il dottor Foroni. Per affrontare questa particolare anestesia si usano degli aghi che iniettano il farmaco anestetico, addormentando i nervi che interessano la zona da operare. Continua l’esperto:
«Oggi si usano aghi più sottili di un tempo, più maneggevoli, grazie ai quali si esegue l’anestesia in modo più preciso, evitando danni al sistema nervoso».
Servizio di Stefania Rattazzi.
Con la consulenza del dottor Carlo Foroni, specialista in Anestesia e rianimazione all’ospedale Santi Paolo e Carlo, nella Struttura diretta dal professor Davide Chiumello dell’università degli Studi di Milano