AlimentazioneCibi e bevandePesce: risparmi se lo compri di stagione

Pesce: risparmi se lo compri di stagione

Mini guida all'acquisto consapevole

Pubblicato a cura della redazione web

Comprare pesce fresco e selvaggio, alternare quello magro a quello grasso, portarlo in tavola tre volte alla settimana. È ormai un ritornello che ci si sente ripetere da medici e nutrizionisti, ma manca una voce: il pesce di stagione è la scelta migliore. Sì, perché anche se non è necessario ricorrere a quello surgelato per portare in tavola salmone, branzino, tonno e spada, visto che al supermercato si trovano tutto l’anno, i prodotti ittici andrebbero acquistati solo in certi periodi dell’anno, come avviene per frutta e verdura.

Pesce di stagione: cosa significa

La pesca rappresenta, oggi come nel passato, una delle principali risorse alimentari e, come tale, va preservata per il futuro delle generazioni che verranno. Per questo motivo, in alcuni periodi dell’anno è vietata, così che alcune specie di pesci abbiano la possibilità di riprodursi.


«Esiste una stagionalità legata alla riproduzione e una legata al fenomeno migratorio di specie ittiche non reperibili tutto l’anno»

«Vi è, poi, il consumo di pesci cosiddetti a rischio come il salmone selvaggio, il tonno rosso o il pesce spada che vengono sfruttati all’eccesso, i cui stock sono arrivati al livello di guardia»

spiega la dottoressa Elga Baviera, biologa esperta in sicurezza degli alimenti.

Fate attenzione all’origine

La provenienza è fondamentale per quanto riguarda la stagionalità dei pesci di mare: in base al mare in cui vivono, cambiano le condizioni climatiche e varia anche il periodo di riproduzione. Inoltre, ci sono alcune specie di pesci che si spostano e migrano, e che quindi non si possono trovare tutto l’anno nello stesso mare. Oltre a ciò, è importante tenere a mente i “fermi pesca”, cioè i periodi durante i quali è vietato pescare, che sono differenti da Paese a Paese. Per i pesci del Tirreno e i pesci dell’Adriatico, ad esempio, sono in vigore solitamente da agosto a inizio ottobre. Infine, bisognerebbe limitare l’acquisto delle qualità che non vivono nei nostri mari e di conseguenza arrivano da altri continenti, come per esempio il persico di mare che non ha nulla a che vedere con quello di lago tipico di alcune regioni italiane, e che arriva dall’Africa.

Etichettatura del pesce, come orientarsi

«Tutti questi fattori devono spingere il consumatore a controllare sempre l’etichettatura, sulla quale è indicata anche la provenienza del pescato, e optare per i pesci locali, che non avranno trascorso molto tempo in viaggio prima di arrivare sul banco della pescheria, anche se è importante sottolineare come una gestione di filiera non corretta può danneggiare anche il prodotto più fresco» precisa la biologa.

Controllate anche la taglia

La stagionalità del pesce riguarda anche la sua taglia, perché ogni specie impiega più o meno tempo per arrivare all’età riproduttiva, quindi va scelto anche in base alle sue dimensioni. Infatti, se viene sistematicamente pescato prima che si riproduca, finirà presto con l’andare incontro all’estinzione.

Il caso della cernia bruna

«La cernia bruna del Mediterraneo (Epinephelus marginatus), di notevole pregio commerciale, rientra nelle specie sottoposte a pratica di pesca spesso non sostenibili» spiega l’esperta. «Si tratta di un pesce ermafrodita proteroginico (ossia sono presenti entrambi i gameti, ma si sviluppano prima quelli femminili e poi quelli maschili), che per la prima parte della sua vita è femmina, successivamente diventa maschio e si trasferisce più in profondità. Quindi, le femmine (taglia minima consentita 45 cm ossia circa 1,4 kg) sono le prime a essere prelevate, soprattutto se i pescatori sono inesperti o poco attenti, generando così uno squilibrio tra i sessi»

Tutti i vantaggi del pesce stagionale

  • Nutrizionale. Esattamente come accade per la frutta e la verdura, anche nel caso dei pesci da mangiare bisogna alternare le qualità. Infatti, anche se ogni pesce contiene più o meno gli stessi nutrienti, e cioè proteine, sali minerali, vitamine A, D e del gruppo B, omega 3 e 6, ogni varietà ne è più o meno ricco. Di conseguenza, più si varia e più si avrà un’assunzione completa delle sostanze nutritive.
  • Organolettico. La qualità delle carni non è sempre uguale: essa è influenzata da alcuni parametri come il periodo in cui avviene la riproduzione o se si tratta di pesci di allevamento o di pesci di mare che, quindi, li rende diversi nel sapore e nella consistenza.
  • Economico. Scegliere le varietà stagionale significa anche risparmiare al supermercato, soprattutto se si opta per le cosiddette varietà neglette, cioè quelle meno conosciute e popolari, che proprio per la loro minore richiesta costano meno. Ma c’è un altro risvolto importante: scegliendo i pesci di mare pescati e di stagione si sostengono le piccole realtà dei pescatori locali, che in Italia rappresentano l’84%, secondo i dati raccolti da Wwf Italia.
  • Ecologico. Acquistare varietà fuori stagione spesso significa comprare prodotti che vengono da lontano, e quindi che comportano tempi più lunghi per il trasporto e, di conseguenza, più inquinamento. Allo stesso tempo si contribuisce a stressare gli stock ittici, un fenomeno già molto diffuso che sta portando alla scomparsa di alcune specie.

Pesce di stagione: il calendario

Ecco il calendario a cui fare riferimento per i pesci da mangiare. Tuttavia, se si hanno ancora dei dubbi, si può chiedere al proprio pescivendolo oppure consultare siti ufficiali, come quelli del ministero della Salute e delle Politiche agricole.

  • In inverno: alice, calamaretto, rombo, sardina, scorfano, seppia, ricciola, sarago, cernia, dentice, nasello, pannocchia, pesce San Pietro, polpo, sgombro, sogliola, moscardino, vongola verace, capasanta, rana pescatrice, lampuga, spigola, triglia, riccio (da febbraio), mazzancolla, ombrina, tonno rosso, salmone.
  • In primavera: gamberetto rosa, mazzancolla, alice, gallinella, sarago, orata, spigola, palamita, sgombro, cicala di mare, acciuga, granchio, pesce San Pietro, razza, rombo, nasello, riccio, scorfano, cozze.
  • In estate: sugarello, sardina, alice, orata, sogliola, sarago, ricciola, gallinella, aguglia, calamaro, cepola, dentice, gamberetto rosa, granchio, mazzancolla, cozze, scampo, totano, tonno alalunga, rana pescatrice, lampuga.
  • In autunno: tonno alalunga, spigola, triglia, gallinella, lampuga, salmone, moscardino, cannolicchio, ombrina, rombo e rombo chiodato, sgombro.
  • Tutto l’anno: Cefalo, mormora, zerro, occhiata.

Che cosa controllare in pescheria

Quando compra il pesce fresco, la maggior parte delle persone sceglie in base all’aspetto: controlla la sua freschezza osservando l’occhio, il colore, il rigor mortis, l’odore, ma si sofferma molto meno su altri aspetti altrettanto importanti.

  • La provenienza. La freschezza è determinata dal periodo in cui si trova più disponibilità di una certa specie rispetto a un’altra nelle acque vicine. Tuttavia, non sempre è facile capire la provenienza perché viene indicata con un codice (codice Fao) che corrisponde alla zona di pesca. Il Mar Mediterraneo, ricco di pesce azzurro, è indicato dai codici 37.1-37.2-37.3-37.4 e il 37.1.3, per esempio, è quello di Sardegna.
  • Il costo. Non sempre il pesce fresco più caro è il migliore perché il prezzo viene stabilito anche in rapporto alla richiesta; di conseguenza, i pesci più venduti sono sempre più costosi di quelli negletti, che però da un punto di vista organolettico e nutrizionale sono ugualmente buoni.
  • La filiera. Non bisogna farsi ingannare dall’etichettatura che riporta  la dicitura “confezionato” o “lavorato” in Italia, perché tutta la filiera deve essere italiana. Solo quello pescato in Italia  è davvero nostrano.
  • Pesci di allevamento o pescati. Da un punto di vista organolettico la carne di una specie pescata ha una consistenza e un sapore diversi da quella di allevamento.

«Tuttavia, se si opta per i pesci allevati si può fare attenzione al tipo di allevamento. Attualmente i disciplinari e le tecniche si vanno affinando e migliorando, ponendo attenzione anche all’impatto che questi esercitano sull’ambiente circostante. Un allevamento di tipo intensivo, infatti, può alterare le caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua, danneggiando gli ecosistemi; inoltre, la concentrazione di molti pesci in spazi limitati ne compromette la salute» spiega la dottoressa.

Servizio di Elena Cassin.

Con la consulenza della dottoressa Elga Baviera, biologa esperta in sicurezza degli alimenti e Co-founder dello Studio ABR.

SCELTI PER TE

spot_img

vedi anche

Il nuovo numero

é in edicola.