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Epicondilite: meglio nota come gomito del tennista

Evita i gesti che possono provocare il fastidioso disturbo.

Pubblicato a cura della redazione web

Sebbene il nome scientifico sia Epicondilite, tutti la conoscono più semplicemente come “gomito del tennista”. Questa denominazione, però, può essere fuorviante perché a soffrirne possono essere anche persone che, a livello professionistico o amatoriale, praticano altri sport oppure svolgono lavori, che prevedono la ripetizione di certi movimenti.

Che cos’è 

L’epicondilite è un’infiammazione dei tendini, che causa dolore, a volte anche gonfiore, nella parte esterna del gomito quando si eseguono determinati movimenti; nei casi più seri il male è sempre presente. 

Le cause 

Spesso il problema non è dovuto a traumi intensi dell’articolazione, come quelli causati da movimenti bruschi, ma a sollecitazioni non eccessive, ripetute di frequente nel tempo, che li sfiancano lentamente. Anche le azioni che scatenano il dolore sono banali, per esempio versare l’acqua in un bicchiere o impugnare una maniglia: la presa della mano provoca la contrazione dei muscoli dell’avambraccio che, a loro volta, comprimono i tendini dell’epicondilo, cioè la parte esterna del gomito. 

Chi è  più a rischio 

Epicondilite

Sono sottoposti a microtraumi continui i gomiti di persone che svolgono professioni di un certo tipo:

  • meccanici;
  • manovali;
  • idraulici;
  • cuochi;
  • baristi;
  • agricoltori;
  • giardinieri;
  • falegnami;
  • parrucchieri;

Come si nota, si tratta di attività in cui si impugna uno strumento. Per lo stesso motivo sono a rischio anche le casalinghe, i bricoleur, chi usa molto il mouse quando sta al computer e chi va spesso in moto o in scooter. Oltre al tennis, altri sport che possono favorire la comparsa dell’epicondilite sono il ping pong, il golf, la scherma e il baseball.

Colpisce soprattutto i politici

Una ricerca sulle possibili cause di epicondilite ha evidenziato un fatto curioso e impensabile, cioè che corrono un rischio superiore alla media di soffrire di questa infiammazione anche le persone che stringono spesso mani, come i politici. 

Epicondilite, come prevenirla 

Soprattutto se l’epicondilite è dovuta al tipo di lavoro svolto, è difficile prevenirla perché è proprio la ripetizione dei movimenti “incriminati” a causare quei microtraumi che, con il passare del tempo, ne determinano la comparsa. Chi si cimenta solo saltuariamente negli sport a rischio o in attività come il bricolage o la tinteggiatura delle pareti, invece, dovrebbe farlo solo se è in buona forma fisica e non chiedendo sforzi eccessivi al proprio corpo, poiché possono essere sufficienti anche poche ore di impegno intenso perché si manifesti il dolore tipico della malattia. Inoltre, prima di iniziare a praticare sport, è opportuno riscaldare i muscoli con qualche esercizio di stretching. Bisogna, infine, prestare attenzione nell’eseguire i gesti tecnici correttamente e nello scegliere l’attrezzo (racchetta da tennis, mazza da golf eccetera) che meglio si adatta alle proprie caratteristiche fisiche e al proprio livello di abilità. 

Diagnosi: il test di Cozen

Per arrivare alla diagnosi, al medico è quasi sempre sufficiente la descrizione del fastidio avvertito dalla persona. Nel corso della visita può effettuare alcune verifiche; per esempio, esercitare una leggera pressione sulla parte esterna del gomito per capire se il dolore sia effettivamente localizzato in quella zona. Inoltre, è possibile eseguire il test di Cozen, una “manovra” specifica che, in presenza di epicondilite, scatena il dolore.

Il professor Valerio Sansone, direttore del dipartimento di Ortopedia dell’Istituto ortopedico Galeazzi di Milano:

«Gli esami strumentali sono quasi sempre superflui. Infatti, se è vero che un’ecografia ben eseguita può evidenziare un tendine danneggiato, ciò può avvenire solo se la malattia è a uno stadio avanzato»

Esercizi per polso, mano, avambraccio

Quasi tutti coloro che soffrono di epicondilite si rivolgono tempestivamente al medico e, dunque, le complicanze sono rare. Tuttavia, è possibile arrivare a una seria riduzione della funzionalità dell’avambraccio e della mano e, meno di frequente, alla rottura dei tendini.

In alcuni casi, è sufficiente tenere a riposo il gomito per guarire. Dunque, chi soffre di epicondilite deve innanzitutto evitare (o quantomeno limitare notevolmente) i movimenti che causano l’infiammazione

Il tutore

Se il dolore non passa con il riposo, si può indossare un apposito tutore, una sorta di cuscinetto imbottito che riduce le sollecitazioni sui tendini, da posizionare sotto il gomito. 

Dopo 15 giorni con il tutore, se non si notano miglioramenti, si può ricorrere a cicli di onde d’urto (in genere, il medico prescrive tre sedute a distanza di sette giorni l’una dall’altra), che favoriscono la rigenerazione dei tendini danneggiati. 

Le infiltrazioni 

Sono tecniche più recenti le infiltrazioni di acido ialuronico o fattori di crescita (due o tre sedute per i fattori di crescita a distanza di un mese l’una dall’altra; tre per l’acido ialuronico a distanza di sette giorni), che stimolano la “riparazione” dei tendini.

«Sebbene attenuino momentaneamente il dolore, le infiltrazioni di cortisone sono, invece, quasi sempre da evitare perché, con il tempo, rendono i tendini ancora più fragili» avverte il professor Sansone. 

Quando serve la chirurgia 

Sottoponendosi a cicli di onde d’urto oppure facendo infiltrazioni di fattori di crescita o acido ialuronico, non caricando eccessivamente l’articolazione e facendosi curare da un fisioterapista, quasi sempre l’epicondilite si risolve nell’arco di sei mesi: solo il 5% delle persone che segue questo percorso non guarisce. In questi casi, è necessario l’intervento chirurgico, che si esegue con un’anestesia regionale e prevede il regime di day hospital (la persona viene dimessa la sera stessa). Attraverso una piccola incisione all’altezza del gomito, si asporta la parte di tendine danneggiata e, per favorire la naturale rigenerazione del tessuto grazie a un afflusso maggiore di sangue, spesso si praticano piccoli fori nell’osso. Dopo l’intervento, si devono aspettare almeno 45 giorni prima di ricominciare a svolgere l’attività all’origine dell’epicondilite, riprendendo con gradualità e senza sottoporre il gomito a sforzi intensi.

Un libro sull’epicondilite

L’epicondilite è una malattia che causa disagi alle persone comuni, ma può mettere a repentaglio la carriera di potenziali campioni che praticano sport in cui si impugna un attrezzo, in particolare quella dei tennisti. Nel libro Gomito del tennista, valutazione e trattamento, l’autore si sofferma sul problema, affrontandolo da molteplici punti di vista, spaziando dalla corretta esecuzione dei colpi, alle tecniche di fisioterapia più adeguate, fino agli esercizi da svolgere a seguito dell’intervento chirurgico per recuperare completamente. La lettura del libro è utile anche a chi gioca a tennis a livello amatoriale.

Servizio di Roberto De Filippis.

Con la consulenza del professor Valerio Sansone, direttore del dipartimento di Ortopedia dell’Istituto ortopedico Galeazzi di Milano.

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